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E' una selezione di libri di
qualità pensata per fornire suggerimenti ai tavoli degli architetti.
Le recensioni sono a cura di lettori che a uno sguardo
serio e penetrante accoppiano una consapevole modalità di scrittura.
INDEX All reviews
Il seminario condotto da Antonino Saggio ha inteso fornire uno spaccato
critico su alcuni testi recenti di Teoria dell'architettura contemporanea
e allo stesso aprire la riflessione sul rapporto tra teoria e pratica progettuale
all'interno dell'attività dei partecipanti, A partire dal testo analizzato
e commentato in ciascun articolo è presente un progetto architettonico che
serve ad esemplificare, seppure parzialmente, alcuni nessi tra elaborazione
teorica e ricerca progettuale di ciascun dottorando di ricerca.
Dottorato di Ricerca in
Composizione Architettonica (Teoria dell'architettura)
Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni
– La Sapienza Roma
DOPO
L’UTOPIA.
UN MANIFESTO REALISTA
di Daniela Maurizi
Alexander Tzonis, Liane Lefaivre (a cura di),
Architecture in Europe Since
1968. Memory and invention
Thames and Hudson, London 1992 (pp.312)
Attraversare la storia dell’architettura europea dal
‘68 alla simbolica data dell’unità europea per ricucire un panorama eterogeneo di esperienze attraverso otto tendenze è un
operazione apparentemente riduttiva, ma la ricerca di una nuova identità in
scala continentale, da cui nessuna espressione regionale può più prescindere,
riscatta i limiti di questo compendio d’architettura allargando la riflessione
sui temi cruciali del nostro presente. La parte critica del testo di supporto
alla lettura dei progetti, presentati in ordine temporale, è costituita da
un’introduzione a cura degli stessi autori in cui si individuano
otto correnti, seguita da un ‘forum’ di quattro critici internazionali su
problematiche attuali: J. L. Cohen
ripercorre l’esperienza francese del progetto urbano nella periferia parigina, L. Burkhardt pone in evidenza le
contraddizioni di una pratica ecologica non sempre in linea con i principi
della sostenibilità ambientale, F. Neumeyer indaga le trasformazioni indotte dalla modernità
nella forma e nelle modalità di fruizione degli spazi
urbani, P. Rice si interroga sul ruolo
dell’architetto contemporaneo all’interno dei nuovi processi di produzione
dominati dalla tecnologia.
In
definitiva il testo, seppur datato, anticipa i temi di una discussione teorica
che negli ultimi anni, preso atto del superamento delle poetiche incentrate sul
linguaggio nelle diverse espressioni decostruttiviste o neo-organiche, ha
riportato in primo piano il valore del rapporto tra architettura e realtà.
Questo graduale spostamento del pensiero critico verso un ritorno del reale in
architettura caratterizza da tempo la ricerca di Tzonis e Lefaivre, che negli
ultimi anni hanno preso parte al dibattito internazionale sui temi del rapporto
tra modernità e contesto portando un interessante contributo alla discussione
sull’Internazionalismo critico lanciata nel ‘96 da Gregotti sulle pagine
di Casabella. Qui i due autori formulano una nuova ipotesi di
regionalismo critico, alternativa all’interpretazione di K. Frampton, che riesamina il tema in
rapporto dialettico alla globalizzazione, riconoscendo il valore del confronto
tra identità locali e internazionalismo, individualità e omologazione, fino a
spostare la problematica del regionalismo verso quella più attuale del
“realismo”, ulteriormente declinato nel “realismo sporco” inteso quale ultima
strategia di un’architettura costretta a confrontarsi con realtà
post-urbane svuotate di “sensus loci”.
Lucien Kroll, Zup Perseigne, Alençon,‘78 R. Piano - R. Rogers, Centro G. Pompidou, Parigi, ‘71-‘77
Queste tematiche trovano
una precisa formulazione nei paragrafi dedicati al regionalismo critico,
al rigorismo epidermico, al realismo e a un’ottava tendenza informata
a una nuova istanza etica che, superando ogni riduttiva definizione teorica,
chiama l’architettura a rispondere realisticamente alle domande del proprio
tempo attraverso strategie non precostituite. Ma la problematica del rapporto
architettura-realtà attraversa implicitamente tutte le otto tendenze, a
cominciare dal risalto dato al filone anti-utopico del Populismo del
‘68, tradotto nell’esperienza concreta dell’architettura partecipata, fino al ritorno
all’ordine degli anni ‘70-‘80, indagato nei suoi ambigui rapporti tra
autonomia della forma architettonica, storia e contesti
urbani.
Aldo van Eyck, Hubertus, Amsterdam, ‘82-‘87 G. De Carlo, quartiere Mazzorbo, Venezia, ‘80-‘85
Il paragrafo successivo ripercorre le poetiche che
esaltano la realtà tecnico-costruttiva dell’organismo architettonico nelle
diverse forme di neo-rigorismo, incentrato di volta in volta
sulla struttura, gli impianti o l’involucro, fino alla recente affermazione del
neo-rigorismo epidermico. Concetto di eredità semperiana aggiornato alla luce delle tecnologie avanzate,
che trova un’ulteriore approfondimento sulle pagine di Casabella quale
possibile declinazione “bioclimatica” del
regionalismo “se si assume il concetto di ‘regione’ come questione ambientale
legata sia agli interni che agli esterni assistiti mediante la nuova tecnologia
dell’epidermide”.
Jean Nouvel, Némausus, Nîmes, ‘85 -‘87 Coop Himmelblau, Rooftop, Vienna,
‘83 -‘89
Segue
la parabola del regionalismo ‘critico’ perché di matrice moderna,
analizzato nelle diverse modalità d’interpretazione
dei contesti, fino al suo attuale superamento nella dimensione
intercontestuale della realtà contemporanea. Anche l’esperienza decostruttivista,
riletta all’interno della tradizione anti-classica come un ritorno al
disordine di matrice concettuale, viene
valutata attraverso la lente del realismo, sottolineandone l’incapacità di
porsi come commento critico alla realtà nell’“ossessiva” ricerca dei meccanismi
interni ai propri sistemi organizzativi.
Nel paragrafo dedicato al Realismo la revisione del contestualismo passa
attraverso un ribaltamento del punto di vista etico-estetico,
volto a guardare alla realtà della città post-industriale con approccio sincero
e disincantato enfatizzandone le caratteristiche negative con effetti di straniamento. Ma l’ipotesi realista di Tzonis
e Lefaivre si pone oltre la consumata estetica del
degrado, per promuovere un’architettura capace d’interpretare in modo più
profondo i conflitti e le contraddizioni del nostro tempo, fino a includere “motivi corinzi e muri di mattoni” in funzione
della relatività dei contesti. Si rilancia così il valore di un’architettura
ibrida e inclusiva, coerente con le molteplici realtà interconnesse
nell’attuale universo globale.
R. Piano,
housing, Rue de Meaux, Parigi ‘88-‘91
Venturi - Scott Brown, National Gallery, Sainsbury Wing, Londra ‘86-‘91
In conclusione, se l’aggettivo “critico” è il
termine problematico di un confronto conflittuale con
il reale che contamina e relativizza la dimensione astratta e universale del
sostantivo, l’apparente antinomia tra internazionalismo “critico” (in
quanto relativizzato in un particolare contesto) e regionalismo “critico” (in
quanto declinazione locale di una cultura internazionale) decade in un punto di
convergenza che afferma il definitivo superamento delle due categorie. Questa è
la chiave del progetto del gruppo Maurizi-Migneco
segnalato nella sesta edizione del concorso internazionale Europan
“inter città, dinamiche
architettoniche e nuove urbanità”.
“un
ettaro di sciara”
architetti: Daniela Maurizi, Marina Migneco
Il sito, un’area residuale di Catania tra città storica e
conurbazioni recenti, è il luogo di un’antica colata lavica, un mondo di pietra
dai caratteri arcaici con il quale il progetto si
confronta rinunciando a configurazioni stabili e compiute. La definizione di un
sistema misto di attività residenziali e servizi di
quartiere, trova il suo cardine nell’idea di parco urbano, quale ibrido
condensatore di attività collettive dagli incerti confini tra natura e
artificio. Il progetto è caratterizzato da un tessuto aperto e indeterminato
che ridisegna un nuovo paesaggio orizzontale isolando intervalli di natura tra
recinti murari attrezzati. L’intero sistema trova la propria struttura nella
rete immateriale dei percorsi, luoghi di eventi e di
relazione sociale permeabili alla città. L’astrattezza del segno architettonico,
unita alla compresenza di cemento e pietra lavica,
provocano contrasti e differenze significative che mettono in risalto
l’orografia e i caratteri di questo ibrido paesaggio di periferia.
Internazionalista (critico), regionalista (critico) o populista? Ci basta
definirlo realista.
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